L'Artista

Lucia Tomasi di Conegliano vive e opera in una residenza storica in cima ad una collina nel paesaggio che fu di Cima da Conegliano e di Tiziano, lungo la strada del Prosecco a Conegliano.

È nata ed ha vissuto per lungo tempo accanto alla fornace di famiglia, divenuta mito nel proprio immaginario; accanto alla svettante ciminiera in mattoni ha allestito la propria esposizione.

Si è ispirata al mondo Palladiano, al Barocco Romano e Veneziano, nonché all’archeologia industriale cioè al proprio background culturale per arrivare però anche ad alcune interpretazioni dell’hi-tech.

Da vari anni si dedica in particolare alle problematiche ambientali, alla tutela del nostro patrimonio, a temi come l’acqua, il paesaggio, alcuni siti Unesco come le colline Conegliano-Valdobbiadene e le Dolomiti, problematiche ambientali che sempre più ci stanno coinvolgendo.

Laureata in Architettura presso l’UNIVERSITÀ degli STUDI di FIRENZE, ha fatto svariate esperienze progettuali approdando alla pura creatività divenendo artista architetto.

Ha frequentato
Scuola Internazionale di Grafica di Venezia, L’Accademia di Belle Arti di Venezia e SUMMER SCHOOL della BIENNALE di ARCHITETTURA di VENEZIA 2016 con collaborazione del Victoria & Albert MUSEUM di LONDRA.

Ha insegnato
Disegno Geometrico e Progettazione Architettonica, Modellistica, Disegno e Storia dell’Arte.

è presente in

CATALOGHI DELL’ARTE MODERNA “GLI ARTISTI ITALIANI DAL PRIMO NOVECENTO AD OGGI”   Ed. MONDADORI

ATLANTE DELL’ARTE CONTEMPORANEA Ed. DE AGOSTINI

hanno scritto di lei

ENZO SANTESE, PAOLO LEVI,

MARGHERITA AZZI VISENTINI,

ANGELO SQUIZZATO,

ROSANNA RAFFAELLI GHEDINA,

DANIELE RADINI TEDESCHI,

EUGENIO MANZATO,

VITTORIO SGARBI

Video

Galleria

La Biennale di Architettura di Venezia 2021

Evento collaterale Senza Terra/Pomerium

Progetto esecutivo architetto artista LUCIA TOMASI

Pomerium era lo spazio sacro lungo le mura delle città fondate dai Romani, in cui non si poteva costruire, né coltivare, perché un’area consacrata agli dei protettori della città.
L’installazione Senza Terra/Pomerium si trova vicino alle mura dell’isola di San Servolo come lungo delle mura ideali di Venezia e guarda verso i mitici Giardini della Biennale che hanno tracciato più di un secolo di storia d’arte moderna e che le stanno esattamente di fronte.
Nel 421 gli scampati alle orde barbariche dopo la caduta dell’Impero Romano approdarono in queste isole della laguna. Quei disperati, esattamente 1600 anni fa, hanno fondato a loro insaputa, paradossalmente, la città più amata al mondo.
Le barche usate per la traversata, una volta capovolte e sostenute dai remi, sono divenute i tetti sotto i quali rifugiarsi.
Delle essenziali e minimali case-rifugio, i cui muri portanti e fondazioni ideali erano la condivisione stessa di sofferenze e privazioni comuni ma anche la condivisione di sogni e speranze…
Una condizione di movimento e migrazione che da sempre ha caratterizzato e tuttora fa parte integrante del genere umano.
Quella trama di assi in legno che costituisce la carena di una barca rovesciata ha assunto in seguito un significato ancora più sacrale di allora, divenendo addirittura il tetto degli edifici più importanti, soprattutto delle grandi chiese di Venezia.
“How will we live together?” è ciò che ci chiediamo da sempre, ed è proprio il titolo della Biennale Architettura di Venezia 2021. Dopo un anno di sospensione della stessa Biennale, causa pandemia Covid 19, acquista un significato ancora più coinvolgente e profondo; questa recente disavventura ci ha infatti coinvolto assolutamente tutti.
Le condizioni di movimento e precarietà, proprie del genere umano, continuano e continueranno a ripetersi, anche se in forme sempre nuove e differenti. L’unico modo per affrontarle è e sarà sempre la più intima consapevolezza che siamo inesorabilmente “sulla” o “sotto” la stessa barca…!
Per questo il progetto esecutivo di Lucia Tomasi è stato supportato da una cinquantina di artisti, per questa idea di collettività, di condivisione e solidarietà. Artisti che espongono all’interno della contigua Università Internazionale in una mostra intitolata “Intra Moenia”, dove ognuno col proprio bagaglio culturale e di esperienza partecipa a questa avventura creativa condivisa.
L’installazione “Pomerium” si trova in uno spazio verde molto speciale dell’isola di San Servolo, un intervallo di speranza tra il Museo del Manicomio, luogo della totale
inconsapevolezza, e l’Università Internazionale di Venezia, luogo non solo di consapevolezza ma anche di ricerca che lancia ponti e nuove prospettive per il futuro.
Il colore dell’installazione voluto dall’architetto artista Lucia Tomasi è rigorosamente bianco perché è un’idea, un’astrazione; il suo progetto esecutivo è volutamente essenziale per non perdere l’idea ispiratrice originaria; la barca qui ha perso la sua normale funzione per acquisire altri significati… più vicina al colore delle nuvole e del sogno. Bianca per inserirsi rispettosamente tra gli edifici delle importanti istituzioni dell’isola. Bianca per riflettere al massimo la luce in mezzo al verde, proiettandosi verso l’alto azzurro del cielo dove la barca rovesciata, con tutti i bagagli dei suoi partecipanti, ora naviga …

Ambiente Colline Unesco
Ambiente

Colline Unesco

Ambiente H2O?

Ambiente

H2O?

La Biennale di Architettura di Venezia 2018

Padiglione Guatemala

TORRE di BABELE secondo Lucia Tomasi

La costruzione segue percorsi a spirale con volute che corrispondono all’energia vitale, alle linee evolutive del DNA. Una Torre che si differenzia dalle logiche monodirezionali, piramidali, rigide delle antiche civiltà, seppur queste ancora capaci di riempirci di meraviglia, ne è un esempio il tempio Maya di Tikal.

Ho voluto fare un omaggio al Guatemala, alla cultura Maya con i graffiti del culto solare e a Venezia, all’Italia, con il disegno del pavimento della vicina chiesa della Salute.

Evidenzio così un’analogia tra alcune pietre veneziane e quelle solari Maya. Pietre miliari della storia dell’arte e delle civiltà poste qui in relazione e non in contrasto.

Nella mia installazione le une si trasformano idealmente nelle altre andando verso l’alto, come in un’evoluzione naturale, senza distruzioni o rotture. Sono geometrie che comprendono arte, religione e scienza. La forma irradiante del pavimento della Salute suggerisce il sistema solare. Vi si percepisce un respiro universale.

Il Sole, dono assoluto, si offre a tutti allo stesso modo, non fa differenza di razza, denaro, religione, cultura; democratizza il Pianeta. È creatività massima, architetto per eccellenza.

Nell’installazione le prospettive si moltiplicano in tutte le direzioni, attraverso specchi sul pavimento, sul soffitto e intorno. La struttura è un gioco di spazi in dilatazione, un’ambiguità ottica; è un topos, un punto infinito, una pausa; è l’essenziale come il cielo, la terra e l’uomo; è un ponte, un’alleanza tra civiltà apparentemente lontane; è un entusiasmante abisso capace di modificare il nostro sguardo, le nostre percezioni e relazioni operando svolte e torsioni a cui anche la filosofia è sottoposta.

Lo spazio espositivo è esternamente limitato per sottolineare come la Torre di Babele ora assuma un nuovo linguaggio che abbandona il significato biblico della “sfida” al Divino per abbracciare l’incommensurabile che siede nel molecolare, nel quantistico della chimica, della fisica. Con il cubo di due metri che si rapporta alle reali dimensioni del nostro corpo umano i movimenti parabolici ed iperbolici rimangono ancorati alla nostra preziosa scatola trasparente, capace di suggerire ancora, per fortuna, la possibilità di un’armonia con noi stessi ed il mondo esterno.

Ambiente
Trasparenze
Hi-Tech
Ambiente
Trasparenze Hi-Tech
Ambiente
Dolomiti Unesco
Ciases d’Anpezo
Ambiente
Dolomiti Unesco Ciases d’Anpezo

Lucia Tomasi ha dedicato le sue opere “Ciases d’Anpezo” all’architettura ampezzana originaria.
Le interpretazioni grafiche, stampate in rosso su stoffe ispirate alla tradizione, vogliono sottolineare il grande valore degli edifci storici cortinesi, a volte non notati o dimenticati, sotto gli occhi di tutti, ma non sempre visti.
Alcuni sono ben conservati, altri meriterebbero un restauro anche con incentivazioni, limitando le nuove costruzioni.
Non si sa perché l’autenticità sembra abbia grandissimo valore solo per mobili e quadri; le case storiche che li contengono non sono forse più preziose? Sia che si tratti di edifci ispirati ai castelli tirolesi, di abitazioni con deliziosi sporti scolpiti in legno o che si tratti di case con toulà.

Non tutti possono essere geniali come Alfredo Beltrame che già nel 1964 ha capito la preziosità di un manufatto come il Toulà, frutto di secoli di saggia esperienza artigianale con utilizzo di materiali del posto e così in armonia col territorio da sembrare nato da questo, come un suo frutto naturale.
La sensibilità e l’intuito di Alfredo, creatore del famoso ristorante noto in tutto il mondo, continuano ora con la famiglia Filippini.
I veri buongustai sono saggi che considerano il cibo portatore di valori culturali, territoriali e storici. Questa è alta cucina.

Dei quadri-omaggio anche al desco e alla stube di Rachele Padovan.
I particolari d’arredo evidenziano la passione per la tradizione e la cucina ampezzana.
Cenacolo d’artisti, scrittori e personaggi vari che hanno creato la storia di Cortina e hanno ritrovato, nell’intimità della casa di Rachele, l’essenzialità ed il fascino di saggezze antiche.

Lucia Tomasi ha evidenziato anche altri manufatti molto interessanti dal punto di vista architettonico, ambientale e sociale.
Infatti, se le Dolomiti sono Patrimonio dell’Umanità, cosa vi è di più umano delle sue “Ciases”?

Ambiente
Per la Salvaguardia
delle Ville Venete
Ambiente
Per la Salvaguardia
delle Ville Venete
Ambiente
Il nostro patrimonio Barocco
Ambiente
Il nostro patrimonio Barocco

L’Arte di Lucia Tomasi
di Vittorio Sgarbi

Riconoscerei alla pittura di Lucia Tomasi due pregi principali, uno di carattere didattico, per così dire, da educatrice quale lei è in effetti, al di fuori dell’ambito artistico, l’altro di carattere più strettamente espressivo.

Comincio col primo, chiarendo cosa intendo. Uno dei problemi sociali e culturali più sottovalutati dei nostri tempi, con il quale, fra l’altro, è direttamente coinvolta anche parte dell’attività che svolgo, e non certo la più trascurabile, è il modo con cui ci si pone, o non ci si pone, davanti al nostro grande patrimonio storico-artistico. Viviamo nella contraddizione, estremizzata in Italia, di una civiltà che da sempre santifica il patrimonio come motivo d’identità nazionale, se non internazionale, dall’altra poco o nulla si preoccupa del modo in cui questo patrimonio può essere percepito collettivamente: è il tesoro, come non a caso si dice, di cui si postula la ricchezza, la presunta potenzialità economica, sempre molto generosa, ma per il quale, in realtà, la stragrande maggioranza degli Italiani si trova sprovvista di mezzi culturali che lo facciano percepire come fattore utile alla crescita individuale e, implicitamente alla collettività. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: il tesoro, nel sedicente Paese della cultura, dove invece continua ad abbondare l’ignoranza più crassa, si ammira, si venera, ma rimane sostanzialmente estraneo alle esperienze di vita dei singoli, finendo per essere, tutt’al più, oggetto di un’inesauribile, melensa retorica diventata ormai insopportabile. Per questo, non sentendolo indispensabile, non lo si cura come meriterebbe.

Il primo insegnamento che ci proviene dalla pittura della Tomasi, incentrata sulla rilettura pittorica di molta della grande architettura italiana del passato, è proprio questo: perché il tesoro sia davvero patrimonio, è necessario imparare a viverlo sulla propria pelle, nella propria anima. Va detto che la Tomasi, da architetto appassionato della materia, ha un approccio particolare a ciò che artisticamente tratta, privilegiato, come potrebbe essere anche il mio, perché sostenuto dalla conoscenza. Ma non è il caso di disperare – e questo è un secondo insegnamento – per coloro che non fossero dotati di mezzi culturali altrettanto validi per capire.

Non c’è bisogno, infatti, di conoscere nel dettaglio il Rinascimento, Palladio o Borromini, dicendo di alcuni dei temi più amati dalla Tomasi, per poter cogliere il senso pieno di ciò che ci propone, mirando al coinvolgimento di chi guarda le sue opere nell’esperienza emotiva dell’arte secondo un doppio livello sensoriale e mentale, il primo riguardante ciò che si rappresenta, dunque il capolavoro conclamato, la pietra miliare della storia, il secondo la maniera espressiva che si è scelta per fornire quella certa rappresentazione. Detto diversamente, le opere della Tomasi esemplificano bene quel processo, determinante nell’evoluzione della coscienza culturale della modernità, che l’estetica idealista ha definito attualizzazione, il riconoscimento, cioè, del fatto che qualcosa originatosi nel passato possa avere un valore perfettamente proiettabile nel vissuto del nostro presente, diventando in tal modo contemporanea. Perché il tesoro diventi davvero patrimonio, rendendolo cosa viva che interagisce con i vivi, è necessario attualizzarlo.

La Tomasi, nelle sue opere, attualizza per sé e per noi; quasi come una medium in una seduta spiritica, interroga le pietre chiedendoci di partecipare al rito, facendoci parte attiva nella vivificazione in atto del monumentum che rappresenta. Non avrebbe avuto bisogno, forse, di ricorrere a simili registri per certificare la conoscenza di ciò che ci invita a vedere con nuovi occhi, gli occhi dell’anima, data la sua competenza nel campo. Se lo fa, è per mettere la sua arte a disposizione di chi la guarda, anche dei meno attrezzati, attribuendole un significato che esula dalla semplice soddisfazione personale. È un merito – civile, verrebbe da dire – che le va comunque riconosciuto.

Detto della vocazione didattica, possiamo ora considerare il secondo carattere accennato nelle righe iniziali di questo testo, quello espressivo. In che modo, artisticamente parlando, la Tomasi ci coinvolge nelle sue vivificazioni? In un modo che, in prima istanza, chiamerei “anti-contemplativo”. La Tomasi avrebbe tutte le capacità pittoriche per offrirci delle cartoline da manuale, quelle serene vedute turistiche che dovrebbero istigarci all’adorazione passiva del monumento. Lasciandoci a bocca aperta nell’ammettere la nostra condizione d’imperfezione ed inferiorità rispetto alla sua grandezza. Se c’è qualcosa che la Tomasi deve aborrire, sono proprio i “santini” di quel genere. Non c’è modo migliore di prenderne le distanze che destrutturando alla radice i fondamenti di quel tipo di immagine: se lì la visione è frontale, tenuta a debita, reverenziale, distanza dall’oggetto rappresentato, qui è ribassata e ravvicinata, potendosi concentrare su un dettaglio, uno scorcio, un semplice motivo architettonico; se lì prevale la linearità nella definizione coordinata dell’insieme, con la tecnica che viene assoggettata all’intento, qui è la negazione della totalità secondo convenzione a farla da padrone, concedendo al particolare, anche inatteso, oppure trascurato dai più, messo in debito risalto da una tecnica principalmente cromatica, guizzante ed incisiva nell’avvalersi delle antiche proprietà del tocco, di conquistare una ribalta spesso negata; se lì tutto deve essere regolare, statico, controllato, non dovendo interrompere la contemplazione, qui tutto è mobile ed imprevedibile, volendo suscitare empatia. In sostanza, ci troviamo a che fare con monumenti che vengono sottoposti ad aberrazioni visuali e smaterializzazioni, rispetto alle visioni più canoniche, che cercano, sotto l’apparenza idolatrata, il distillato più profondo di ciò che sono, di ciò che hanno lasciato al mondo come segni di un’umanità non titanica ed inattingibile, ma conciliabile con la nostra, per quanto straordinaria. E una volta individuato questo distillato, lo si propone alla comunicazione con la parte di noi che più è in grado di recepirla, la più viscerale ed emotiva, auspicando il conseguimento di un’interiorizzazione che coniughi, fra noi e ciò con cui ci confrontiamo, spirito con spirito, anima con anima.

Guardiamo, per esempio, il San Carlino che la Tomasi, in omaggio a Borromini, ci fa vedere come se fossimo prostrati e al centro di un vortice che asseconda col risucchio le curvature prodigiose delle membrature, fatte di una glassa cromatica che cola e si aggruma lungo le colonne. Tutto vibra e gira, davanti a noi, per travolgerci, come se presi da improvvisa, spiazzante ebbrezza. Non è più solo il San Carlino, quello che abbiamo di fronte, è lo spirito stesso di Borromini, in trasparenza, a rivelarsi a noi nell’illuminante sfasatezza della percezione alterata, così come nessun testo, nessuna lezione accademica sarebbe stata capace di fare. Ci arrendiamo, al vortice, ma non è una resa, è la condivisione di uno stato emotivo speciale, condotto all’acme delle nostre risorse interiori.

Lo avvertiamo, finalmente, il frisson, il brivido vitalistico che attualizza, facendoci sentire il San Carlino parte di noi, e noi parte sua, senza sentirci più inferiori, entrambi immersi nella grande anima del suo creatore. E il naufragar ci è dolce, dolcissimo, in questo mare.

Vittorio Sgarbi

Ambiente
Archeologia Industriale
La Ciminiera di Conegliano
Ambiente
Archeologia Industriale
La Ciminiera di Conegliano

La Fornace Tomasi di Conegliano è molto di più di un già prezioso lascito di archeologia industriale. È il segno di un’epoca che però va oltre quel tempo, in quanto presenza ormai assimilata dai cittadini come componente stabile del proprio paesaggio quotidiano. È un simbolo identitario che conserva un’indiscussa attualità pur raccontando un lungo capitolo di storia di Conegliano e dei coneglianesi. È l’emblema di un percorso svolto dalla comunità della Pedemontana nelle sue diverse sfaccettature, da quella economica a quella sociale, passando attraverso il lavoro, gli affetti, le guerre, la tradizione, le abitudini, i riti, la cultura, la trasformazione ambientale e urbanistica, lo sviluppo tecnologico…

Ma questo libro racconta ben di più di uno spazio fisico costruito, ne racconta l’anima che altro non è che quell’insieme di umanità che qui ha vissuto.

Sfogliandone le pagine, non solo si percepisce l’amore – contagioso – di Lucia Tomasi, l’autrice, per questo luogo, ma anche una profonda gratitudine per chi, familiare e non, ne ha determinato le sorti, scandendone con scelte decisive, ma anche con gesti semplici, l’evoluzione e l’involuzione. Non la fine, però, perché quella non è stata scritta e non la si vuole, giustamente, scrivere: un vecchio insediamento industriale, infatti, può conoscere una nuova esistenza, continuando a essere, in un nuovo ruolo, ancora utile per la collettività.
Non un luogo, dunque, ma un “genius loci” che appartiene a tutti, come una risorsa materiale e immateriale da difendere e da valorizzare, con quello stesso coraggio e intraprendenza di cui sono permeati gli edifici, la ancor svettante ciminiera e i forni che nemmeno il lento e progressivo degrado hanno potuto cancellare.

E se il mattone può anche essere metafora della costruzione e della ricostruzione, allora una fornace non può che trasformarsi nell’elegia di questa immagine, aggiungendo nuovi versi a quelli che un’altra Tomasi, Fanny, scrisse:

In riva ai laghi i forni
in continuazione fumavano
come un accampamento di pionieri.
Infornavano e sfornavano i mattoni
fatti a mano, che si potevano contare
per fila moltiplicando le file.

Il Presidente della Regione Veneto Luca Zaia
Ambiente
Architetture dell’Anima
Omaggio a Palladio
Ambiente
Architetture dell’Anima Omaggio a Palladio

Mostre

Mostre Internazionali

nelle maggiori città italiane: ROMA, MILANO, FIRENZE, VENEZIA, ecc.
città europee: PARIGI, BRUXELLES, COPENAGHEN, HELSINKI, STOCCOLMA, BARCELLONA, MONACO di BAVIERA, STOCCARDA, BUDAPEST, ecc.

città extra-europee: NEW YORK, MIAMI, SALVADOR de BAJA, TOKIO, SIDNEY, LONDRA, ISTANBUL, ecc. consultabili nei relativi CATALOGHI inell’archivio dell’artista

BIENNALE d’ARTE di VENEZIA 2007 evento collaterale “Performative Paper Project”

BIENNALE di ARCHITETTURA di VENEZIA 2018 Padiglione Guatemala, ideazione e realizzazione installazione “Babel Tower” curatore Daniele Radini Tedeschi

BIENNALE di ARCHITETTURA di VENEZIA 2021, progetto esecutivo installazione “Senza Terra / Pomerium”, isola di San Servolo, 12° Evento Collaterale dei 17 presenti nell’edizione 2021, curatore Boris Brollo

Mostre Personali

PARIGI VIII° Arrondissemend Galleria Miromesmil 2008

SHARJAH-DUBAI (UAE) – Italia Portray Gallery in Millenium hotel 2009

GIORNATA del CONTEMPORANEO indetta da A.M.A.C.I. (Associazione Musei Arte Contemporanea Italiani)
dal 2011 al 2019 villa atelier Lucia Tomasi Conegliano

GAMBRINUS San Polo di Piave (TV), in occasione del premio MAZZOTTI 2013 mostra “Interpretazioni per la Salvaguardia delle Ville Venete”
dal 2019 al 2021 mostra “H2O?”

PORDENONE ArteFiera 2017, “Barocco Veneziano”

CORTINA d’AMPEZZO Grand Hotel Miramonti Majestic 2015 “Miti, Storia e Bellezza”

Grand Hotel Miramonti Majestic 2016 “Barocco Veneziano”

Hotel Majoni dal 2018 mostra permanente “Ciases d’Anpezo”

Premiazioni

1° PREMIO FIORINO D’ORO di Grafica, FIRENZE Palazzo Vecchio, Salone dei Cinquecento 4.12. 2010

PREMIO AMBIENTE (35^edizione)  SAN MARINO  2.6.2011

LEONE D’ORO PER L’ARTE 16.4. 2011 SIRMIONE del Garda

TERZA CLASSIFICATA sezione Grafica BIENNALE INTERNAZIONALE ARTE ASOLO 2010

SEGNALAZIONE SPECIALE BIENNALE INTERNAZIONALE di LECCE ottobre 2010

SELEZIONATA per il PREMIO TOKIO maggio 2011

DIPLOMA D’ONORE di Grafica BIENNALE INTERNAZIONALE ARTE ASOLO 2012

TERZO PREMIO “L’Arte è Donna” intitolato a MARGHERITA HACK Milano Art Gallery 8.3. 2017

PREMIO Alessandro MELUZZI  SpoletoArte, Palazzo Leti Sansi, Spoleto 1.7.17

PREMIO CANALE 5,  BIENNALE di MILANO presentata da V. SGARBI 14.10.17

Libri

Architetture dell’anima Omaggio a Palladio

Ed. Alari  Udine 2008 Testo critico di ENZO SANTESE

La ciminiera di Conegliano

Ed. CLEUP Padova 2013 Prefazione LUCA ZAIA, PRESIDENTE REGIONE VENETO

Interpretazioni per la Salvaguardia delle Ville Venete

Ed CLEUP  Padova 2013 Presentazione di MARGHERITA AZZI VISENTINI
Barocco condizione esistenziale
Ed. MONDADORI 2016 Testo Critico di VITTORIO SGARBI
H2O?
Presentazione critica di Eugenio Manzato
già direttore Musei Civici di Treviso
Prefazione di Roberto De Martin presidente Premio Gabrinus G. Mazzotti

Contatti